Whistleblowing: espressione curiosa, nata nel modo anglosassone, che sta ad individuare il soggetto che, pur restando nell’anonimato, segnala al datore di lavoro pubblico o privato la possibile commissione di
violazioni penali,
civili od
amministrative.
La materia, non nuova nel nostro ordinamento (la “legge Severino” è del 2010), è stata ora ripresa dal
D.L.vo 10 marzo 2023, n. 24, la cui entrata in vigore è avvenuta lo scorso 30 marzo. L’Esecutivo, dopo il rituale passaggio parlamentare, ha dato attuazione alla Direttiva comunitaria n. 2019/1937 che fornisce indicazioni per la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto ed obbliga gli Stati dell’Unione, ad emanare norme per la protezione delle persone che segnalano possibili illeciti.
Si tratta di disposizioni molto importanti che cadono in un momento in cui, anche con la revisione del
Codice degli appalti pubblici, con un forte ampliamento della trattativa privata e della deregolazione di una serie di istituti, è, potenzialmente, prevedibile, il rischio di attività non conformi.
Datori di lavoro interessati dalle novità del D.Lgs. n. 24/2023
Le norme si riferiscono sia ai datori di lavoro pubblici che a quelli privati.
I datori di lavoro interessati dalle norme del D.L.vo n. 24/2023 sono diversi e diverse sono le date entro le quali scatteranno gli adempimenti:
a) Quelli che hanno occupato, mediamente, negli ultimi dodici mesi, più di 249 dipendenti, debbono adeguarsi entro il prossimo 15 luglio;
b) Quelli che hanno occupato, in media, nell’ultimo anno, almeno 50 lavoratori dipendenti, gli obblighi scatteranno a partire dal 17 dicembre 2023;
c) Quelli che, pur rimanendo sotto la soglia delle 50 unità, hanno come genere di attività i servizi ed i prodotti finanziari, la prevenzione del riciclaggio e le misure atte a bloccare il finanziamento del terrorismo, la sicurezza dei trasporti e la tutela dell’ambiente, nonché quelli che adottano i modelli organizzativi ex D.L.vo n. 231/2001, dovranno adottare le misure di adeguamento entro il prossimo 17 dicembre.
Ma, come si computano i dipendenti in forza?
Il Legislatore non dice nulla: di conseguenza, occorre riferirsi alla normativa vigente nel nostro Paese per il calcolo dei lavoratori, laddove il numero abbia la sua rilevanza per l’applicazione di determinati istituti legali o contrattuali. Si computano tutti i lavoratori subordinati a tempo pieno, mentre quelli a tempo parziale sono calcolati “pro-quota” secondo le indicazioni dell’art. 9 del D.L.vo n. 81/2015, quelli a tempo determinato secondo la previsione dell’art. 27 del predetto Decreto (a meno che non ci siano disposizioni particolari diverse) ed i lavoratori intermittenti, con le modalità stabilite dall’art. 18 del D.L.vo n. 81/2015. Se un lavoratore è assente e viene calcolato, non va preso in considerazione l’eventuale sostituto.
Adempimenti
Ma, quali sono gli oneri principali che ricadono sui datori di lavoro?
Essi debbono predisporre canali di segnalazione che garantiscano l’anonimato e la riservatezza del lavoratore che segnala la presupposta irregolarità, del soggetto autore della presunta irregolarità e di chi, comunque, è nominato nella segnalazione: tale riservatezza va, ovviamente, garantita anche alla eventuale documentazione prodotta ed ai contenuti.
La segnalazione, come ricorda l’art. 3, può avvenire anche da parte di lavoratori autonomi, ivi compresi quelli con rapporto di collaborazione, da liberi professionisti e consulenti. Oggetto della denuncia possono essere tutti i comportamenti, a parere del segnalante, illeciti, di natura civile, penale, amministrativa e contabile lesivi sia di un interesse pubblico che di uno privato.
La tutela dei segnalanti va al di là del mero rapporto di lavoro e si estende anche a situazioni venute a conoscenza dell’interessato durante la fase precontrattuale o durante la procedura di selezione. La tutela deve sussistere anche durante il periodo di prova o alla fine del rapporto di lavoro, quando lo stesso si sia estinto.
Questi canali informativi potranno essere gestiti all’interno dell’azienda affidandone la responsabilità a personale idoneo e formato, oppure affidati a soggetti esterni di provata professionalità.
Le segnalazioni circa le irregolarità potranno avvenire nelle forme più disparate: per iscritto, anche con e-mail, oralmente o, qualora venga richiesto, attraverso incontri diretti: la riservatezza di chi segnala deve essere, assolutamente, garantita e non può essere violata in alcun modo, salvo consenso espresso dell’interessato.
Le modalità di segnalazione di eventuali irregolarità debbono essere portate a conoscenza di tutto il personale, attraverso una informativa generalizzata chiara, sia sul luogo ove si svolge l’attività, sia attraverso la rete intranet.
La procedura non può rimanere fine a se stessa, nel senso che una volta ricevuta la comunicazione, non se ne lascia traccia: infatti è previsto che entro sette giorni dalla ricezione sia fornito un avviso di ricevimento e, entro tre mesi, un primo riscontro relativo alle indagini in essere a seguito della segnalazione.
Il D.L.vo n. 24/2023 vieta, all’art. 17, qualsiasi atto ritorsivo nei confronti di chi segnala le presunte irregolarità: il comma 4 elenca una casistica, seppur non esaustiva, di fatti che potrebbero considerarsi ritorsivi:
a) Il licenziamento;
b) La sospensione, anche di natura disciplinare o misure analoghe;
c) Le mancate promozioni o le retrocessioni di grado;
d) Il mutamento delle mansioni;
e) Il trasferimento;
f) La modifica dell’orario di lavoro;
g) L’ostracismo e le molestie;
h) L’a discriminazione ed il trattamento sfavorevole;
i) Il mancato rinnovo o a risoluzione anticipata di un contratto a tempo determinato.
Contenzioso
In caso di contenzioso giudiziale il compito di provare che tali condotte discendono da fattori estranei alla segnalazione è a carico di chi le ha poste in essere.
L’eventuale contenzioso tra segnalante e datore di lavoro può trovare una soluzione conciliativa?
L’art. 22 afferma che, in via generale, le rinunce e le transazioni anche parziali aventi per oggetto i diritti e le tutele previste dal D.L.vo n. 24/2023, non sottoscritte in sede protetta, non sono valide: infatti, la norma fa salve, unicamente, quelle avvenute ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2113 c.c., riservate a quegli organismi che, per la loro composizione, assicurano autorevolezza ed imparzialità. Essi, ad oggi, sono le commissioni provinciali di conciliazione istituite presso ogni Ispettorato territoriale del Lavoro, le sedi sindacali, le commissioni di certificazioni, le sedi giudiziarie, la negoziazione assistita prevista dalla riforma Cartabia, le commissioni ex art. 412 ter e quater c.p.c., la sede monocratica presso ogni ITL ex art. 11 del D.L.vo n. 124/2004, qualora la denuncia presentata dall’interessato possa configurare un intervento di natura ispettiva.
Sanzioni
Da ultimo, l’apparato sanzionatorio che fa capo all’Autorità per l’anticorruzione (ANAC). Le sanzioni, individuate dall’art. 21, sono di natura economica e sono pesanti essendo comprese, in relazione alle singole violazioni, tra i 10.000 ed i 50.000 euro.
fonte:IPSOA