Normativa e giurisprudenza sul controllo a distanza nei luoghi di lavoro: Insufficiente l'informativa al personale Provvedimento Garante privacy Nota INL 2572-2023 e Cassazione
Con Nota n. 2572 del 14 aprile 2023 l'INL aveva riepilogato le indicazioni operative sul rilascio delle autorizzazioni per l'installazione degli impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo nei luoghi di lavoro (articolo 4 della Legge n. 300/1970). Viene ribadito l'obbligo per l'installazione degli strumenti di controllo a distanza dei lavoratori, di accordo preventivi con le RSA e/o RSU aziendali o territoriali. In assenza di accordo va richiesta l'autorizzazione all'Ispettorato competente. Si specifica in particolare che il consenso all'installazione da parte del personale non mette al riparo da sanzioni. In un altra nota l'ispettorato aveva anche precisato che in tema di sistemi di controllo sui luoghi di lavoro non ha valore il principio del silenzio- assenso.
La nota precisava anche le modalità per
- integrazione di autorizzazione in caso di aziende multi-localizzate
- assunzioni successive all'installazione dei sistemi di controllo ;
- sistemi di geo localizzazione;
- disposizioni normative che favoriscono o impongono l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza;
- controllo sul lavoro organizzato da piattaforme digitali.
Sulla stessa linea , il Garante per la privacy ha comunicato nella newsletter del 26 marzo 2023 l'emanazione di un provvedimento 9880398 del 2.3.223 con cui ha comminato a una nota catena di abbigliamento fast fashion la multa di 50 mila euro .per aver installato numerose telecamere in tutti i punti vendita e per aver inoltre registrato e conservato le immagini per piu di 24 ore, diversamente da quanto previsto nel regolamento interno e nell'informativa disponibile al personale in materia.
La società che ha dichiarato che il fine dei sistemi di videosorveglianza era unicamente la sicurezza del personale e degli utenti e , con riguardo alla conservazione delle registrazioni, si era giustificata con l'esistenza di problemi tecnici e di gestione non corretta delle procedure aziendali.
Secondo il Garante la natura della violazione che ha riguardato
- i principi generali del trattamento,
- i considerevoli periodi di tempo nei quali la Società ha utilizzato sistemi di videosorveglianza senza avere attivato la procedura di garanzia di cui all’art. 4 della l. n. 300 del 1970 ,
- il numero di dipendenti e sedi coinvolte
ha dimostrato " una gestione complessivamente non adeguata del processo di attuazione della disciplina nel contesto del rapporto di lavoro". Per questo, tenendo conto:
- della condotta responsabile della Società nel conformarsi alla disciplina in materia di protezione dei dati e della cooperazione con l'autorita,
- dell'’entità delle sanzioni irrogate in casi analoghe
- delle condizioni economiche della società ,
ha ritenuto di applicare nei confronti di H&M Hennes & Mauritz s.r.l. la sanzione amministrativa del pagamento di una somma pari ad euro 50.000.
Nella sentenza n. 50919/2019 la Cassazione si è occupata dei limiti della videosorveglianza nei luoghi di lavoro, specificando che il consenso dei lavoratori all’installazione di un impianto di videosorveglianza nei locali dell’impresa non è sufficiente per autorizzarlo.
La procedura da seguire resta quella prevista dall’articolo 4 della legge 300/1970, la quale impone due uniche modalità:
- l’accordo sindacale o
- l’autorizzazione dell’ispettorato territoriale del lavoro.
L'indicazione è sempre stata ribadita dai documenti di prassi dell'ispettorato del lavoro, con l'eccezione del lavoro domestico per il quale il consenso del lavoratore è sufficiente.
La motivazione che è che tale disciplina soddisfa un interesse collettivo di tutela della dignità dei lavoratori, che non può essere prevaricato dal consenso dei singoli seppur prestato dalla totalità delle persone che prestano l' attività in azienda.
Il caso giunto in Cassazione riguardava un datore di lavoro condannato in sede penale a 1.000 euro di ammenda per avere installato 16 telecamere nella propria struttura aziendale, senza aver raggiunto un accordo con la rappresentanza sindacale e neppure l’autorizzazione dell’ispettorato ( per la quale aveva fatto richiesta ma aveva poi proceduto senza attendere la risposta).
La difesa del lavoratore si basava sul consenso dato dai lavoratori, seppure dopo l'installazione del sistema di controllo a distanza, in azienda, con ciò superando i profili di illiceità penale .Inoltre dopo il rilievo le telecamere erano state smantellate.
La Cassazione invece, ribadisce il suo orientamento consolidato, con rare eccezioni , e si sofferma in particolare :
- sul fatto che l'assenso è comunque stato perfezionato dopo l'illecito, che in questo modo non può essere sanato e
- sul fatto che solo le rappresentanze sindacali dei lavoratori possono prestare l'autorizzazione in quanto espressione dell’interesse collettivo e superindividual . I lavoratori senza rappresentanza costituiscono parte debole rispetto alla parte datoriale.
Nella sentenza si afferma infatti che «Le diseguaglianze di fatto» e la «indiscutibile» sproporzione nei rapporti di forza economico-sociali a vantaggio del datore impone di ritenere inderogabile il confronto con le rappresentanze sindacali e, in mancanza di accordo, l’autorizzazione dell’ispettorato per la valida installazione dei sistemi di sorveglianza".