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La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Agosto 2020

Una cooperativa di produzione metallurgica: i calderai in rame di Sampierdarena

Il rogito del notaio porta la data del 28 luglio 1900, ed è un giorno particolare per la giovane nazione: poche ore dopo a Monza il re d’Italia Umberto I di Savoia rimarrà vittima di un attentato anarchico, allarmando nuovamente le autorità sul pericolo sociale rappresentato da circoli, società di mutuo soccorso e sodalizi cooperativi. La minaccia di una nuova reazione, paragonabile a quella che meno di tre anni prima aveva portato ad arresti e scioglimenti di partiti di opposizione e camere del lavoro, è avvertita da tutti i dirigenti del movimento operaio impegnati a legittimare agli occhi borghesi le libere associazioni economiche o solidaristiche. L’anno si chiuderà poi con la prima mobilitazione in grado di bloccare una grande città, lo sciopero del dicembre 1900 che balzerà alla cronaca nazionale i lavoratori del porto di Genova scesi in piazza in difesa dei propri organismi rappresentativi.

 

È in tale clima politico che inizia il percorso imprenditoriale la Cooperativa tra calderai in rame di Sampierdarena, che nell’arco di soli quindici anni, con 300 operai e valore della produzione di tre milioni e mezzo di lire, sarà in grado di fregiarsi del titolo di fornitrice dello stato in quanto industria ausiliaria allo sforzo bellico nazionale nella Prima guerra mondiale, e di rifornire la R. Marina a Spezia e Taranto ed il Commissariato di Aviazione per le lavorazioni particolari in ferro, ghisa e piombo dei primi aeroplani militari.

 

Ne sono fondatori e soci anche operai e tecnici dell’Ansaldo, vittime di una delle cicliche ondate di riduzione del personale del grande gruppo della navalmeccanica. I fuoriusciti, armati di competenze e mestiere, si insediano nel 1901 in un’officina nella delegazione genovese, proprio nella via appena intitolata al defunto monarca, che abbandoneranno nel 1915 per trasferirsi nei maggiori spazi offerti loro a Cornigliano, nell’area di Campi: «una trentina di lavoratori, pieni di fede nella loro operosità e nella loro perizia tecnica: dalla loro modesta officina escono lavorazioni di tubi, lastre di rame, ottone, ferro, specialità per montaggio di tubazioni per macchine marine, condensatori, distillatori, filtri, alambicchi e bolle d’ogni genere» (La Cooperazione Italiana, 31 gennaio 1903).

 

Cinque anni prima dello scioglimento operato dal fascismo (1925), la cooperativa è tra i protagonisti della creazione di un’innovativa struttura di secondo livello, il Consorzio operaio metallurgico italiano (Comi), con sede a Genova e uffici amministrativi a Roma. A guerra ancora in corso, durante il congresso della cooperazione tenutosi a Roma nel luglio 1918, era emerso infatti il disegno di inserire la cooperazione di produzione e lavoro nel più ampio disegno di riordinamento produttivo nazionale. Allo scopo di ottenere un importante piano di lavori pubblici da parte dello stato e la cessione di materiali residuati di guerra, la Lega delle cooperative aveva quindi avviato le basi per la creazione di una Federazione tra le cooperative di produzione e lavoro e promosso, all’inizio del 1919, la costituzione del consorzio tra le principali imprese metallurgiche per assumere lavori dalle amministrazioni pubbliche, esercendo cantieri navali per riparazione e allestimento navi e acquistando in comune le materie prime e i macchinari occorrenti. Il Consorzio, formato inizialmente da otto cooperative per la maggior parte attive nella fabbricazione o riparazione di materiale bellico, due anni dopo ne comprenderà diciotto, di cui ben dieci operanti in Liguria: la Calderai in rame di Cornigliano, la Calderai in ferro, la Operai elettricisti, la Metallurgica operai del porto e la Metallurgica operai del Lagaccio per Genova, la Operai fonditori di San Quirico, la Lavorazione metalli di Sampierdarena, la savonese Metallurgica operai del porto e, per lo spezzino, la Officine meccaniche metallurgiche e la Costruzioni navali.

 

 

Sebastiano Tringali