A) Approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministeri del 28 marzo 2023, è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 77 del 31 marzo 2023 – Supplemento Ordinario n. 12, il DECRETO LEGISLATIVO 31 marzo 2023, n. 36, recante “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici”. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, con i relativi allegati, entra in vigore il 1° aprile 2023. Tuttavia, le disposizioni del Codice acquisteranno “efficacia” dal 1° luglio 2023 (art. 229, commi 1 e 2), ad eccezione di alcune parti (digitalizzazione e sistema di qualificazione) che saranno operative a partire dal 2024. Il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, è abrogato dal 1° luglio 2023. Per avvisi o bandi pubblicati prima di tale data si continuano ad applicare le disposizioni previgenti. Continuano a seguire le vecchie regole le procedure in corso, cioè quelle per cui i bandi o gli avvisi sono stati pubblicati prima del 1° luglio 2023, cioè la data in cui il nuovo Codice Appalti acquista efficacia. Si applicano dal 1° aprile 2023 solo le norme sul collegio consultivo tecnico: l’art. 224, comma 1, del nuovo Codice prevede infatti “1. Le disposizioni di cui agli articoli da 215 a 219 si applicano anche ai collegi già costituiti ed operanti alla data di entrata in vigore del codice”. Gli obblighi sulla digitalizzazione saranno efficaci dal 1° gennaio 2024. Nel quadro di un complesso e articolato “regime transitorio”, sono presenti una serie di disposizioni la cui efficacia è ulteriormente posticipata al 1° gennaio 2024: si tratta delle norme sulla digitalizzazione (esclusi gli strumenti di acquisito aggregati già operativi come sistemi dinamici di acquisizione, aste elettroniche, cataloghi elettronici), trasparenza, norme accesso agli atti, verifica del possesso dei requisiti e altre disposizioni che si ricollegano all’operatività della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (art. 225 del nuovo Codice). È prevista l’istituzione di una banca dati con le informazioni sulle imprese, sempre consultabile. Liberalizzazione dei contratti fino a 5,3 milioni di euro, riduzione dei livelli di progettazione, appalto integrato e tutela del Made in Italy sono alcune delle novità che diventeranno operative per le gare e gli avvisi pubblicati dal 1° luglio 2023. Per il BIM (Building Information Modeling) - introdotto in Italia per la prima volta nel 2016, con il D.Lgs. n. 50/2016 (Codice degli appalti) - allineandosi con gli obblighi già previsti dal D.M. n. 560/2017 e dal D.M. n. 312/2021, il nuovo Codice Appalti stabilisce che dal 1° gennaio 2025 dovranno essere utilizzati metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni: - per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione; - per gli interventi sulle costruzioni esistenti di importo a base di gara superiore a 1 milione di euro. Dal 1° luglio 2023, l'affidamento diretto sarà consentito per i lavori di importo inferiore a 150mila euro e per i servizi, compresi quelli di ingegneria, architettura e progettazione, di importo inferiore a 140mila euro. Oltre questi importi, e fino alle soglie comunitarie, si potrà ricorrere alla procedura negoziata senza bando, consultando un numero di operatori via via crescente. Per importi superiori alle soglie comunitarie (5,3 milioni di euro per i lavori), sarà obbligatorio bandire le gare d’appalto solo. Dal 1° luglio 2023 sarà sempre consentito l’appalto integrato, cioè l’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e della realizzazione dei lavori sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica. Non ci saranno neanche limiti al subappalto.
Dal 1° luglio 2023 i livelli di progettazione scendono da 3 (progetto di fattibilità tecnico-economica, progetto definitivo e progetto esecutivo) a 2 (progetto di fattibilità tecnico-economica e progetto esecutivo). Scompare quindi il progetto definitivo e sarà possibile l’affidamento delle gare sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica. L’acronimo RUP cambia significato: dal 1° luglio 2023 non sarà più Responsabile Unico del Procedimento, ma Responsabile Unico del Progetto. Dovrà assicurare il completamento degli interventi nei termini prestabiliti e potrà essere coadiuvato da responsabili di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione, esecuzione e affidamento. B) Forti e circostanziati i dubbi espressi dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) sul nuovo Codice Appalti sugli affidamenti diretti e “per la riduzione della trasparenza e della pubblicità delle procedure, principi posti a garanzia di una migliore partecipazione delle imprese, e a tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti”. “Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza, che nel nuovo Codice non hanno trovato tutta l’attenzione necessaria, specie in una fase del Paese in cui stanno affluendo ingenti risorse europee”, dichiara Giuseppe Busia, Presidente di ANAC. Restano però i dubbi, per l’ANAC, “per la riduzione della trasparenza e della pubblicità delle procedure, principi posti a garanzia di una migliore partecipazione delle imprese, e a tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti”. “Soglie troppo elevate – afferma Busia – per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate rendono meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni, che sono – va notato – quelli numericamente più significativi. Tutto questo col rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici”. Troppo alte le soglie per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate introdotte dal nuovo Codice Appalti. C) Luci e ombre nel nuovo Codice dei contratti pubblici sono state rilevate anche da ASSONIME Il testo - secondo Assonime - rappresenta un buon risultato in termini di equilibrio tra esigenze di semplificazione e innovazione, ma restano alcuni punti oscuri. Dal punto di vista sostanziale, tra gli aspetti positivi vi sono le norme che, per incoraggiare la buona discrezionalità, introducono due nuovi principi generali: il principio del risultato che diventa prioritario per l'aggiudicazione dei contratti e il principio di fiducia che mira a superare atteggiamenti di diffidenza tra funzionari pubblici e operatori economici. Da apprezzare è anche il rilancio dell'e-procurement attraverso un'opera di digitalizzazione intesa non come mero strumento di accelerazione dei tempi procedimentali, ma come occasione per reingegnerizzare tutto il ciclo di vita del contratto, a partire dalla creazione di documenti nativi digitali e dall'implementazione della banca dati nazionale dei contratti pubblici e del fascicolo virtuale dell'operatore economico. Opportuni sono stati anche gli interventi - auspicati da Assonime - sulle cause di esclusione e sull'illecito professionale, inseriti in fase di stesura finale del testo. Nonostante tali aspetti positivi, secondo Assonime, il Codice contiene ancora diverse zone d'ombra. Ne vengono elencate quattro in particolare: la semplificazione delle procedure di gara (due su tre senza gara); la qualificazione delle stazioni appaltanti; il subappalto a cascata; le norme sul partenariato pubblico privato. 1) Quella di maggiore portata riguarda i contratti sotto le soglie europee che possono essere aggiudicati senza una procedura pubblica di gara, utile a selezionare la migliore offerta realizzabile. Per i lavori, si tratta di procedere con affidamento diretto, con rotazione degli incarichi, per i contratti fino a 150.000 euro e con procedura negoziata da 150.000 euro a 5.3 milioni di euro (con obbligo di consultare 5 operatori economici per i contratti fino a 1 milione di euro e 10 operatori economici per i contratti da 1 milione a 5.3 milioni di euro).
Per i contratti di servizi e forniture, l'affidamento diretto, con obbligo di rotazione, è possibile fino a un importo pari a 140.000 euro, per importi da 140.000 fino a 215.000 euro è prevista la procedura negoziata con la consultazione di 5 operatori economici. Sebbene si tratti di contratti di minori dimensioni, essi sono numericamente significativi (secondo i dati ANAC, il 98% dei contratti che le pubbliche amministrazioni stipulano per lavori pubblici e forniture). 2) Un altro punto critico riguarda la qualificazione delle stazioni appaltanti. Il testo finale ha allargato le ipotesi di qualificazione con riserva (sono state incluse anche le unioni di comuni, i comuni capoluogo di provincia e le regioni), comportando di fatto una proroga dell'avvio del sistema di qualificazione. La qualificazione con riserva garantisce il conseguimento, fino al 30 giugno 2024, del livello massimo di qualificazione (cioè senza limiti di importi), senza dimostrare il possesso di capacità relative all'organizzazione (per es. presenza di una struttura stabilmente dedicata alle procedure di aggiudicazione o disponibilità di una piattaforma digitale), alle competenze (per es. presenza di dipendenti con competenze specifiche in materia di contrattualistica pubblica o di sistemi digitali) e all'esperienza (per es. numero di gare aggiudicate o andate deserte, relativi importi, tempi di affidamento e di realizzazione). 3) Zone d'ombra potrebbero interessare anche il subappalto a cascata. Sebbene introdotto per esigenze di adeguamento alla normativa europea, da tempo richiesto dall'UE, il subappalto a cascata può comportare criticità, se non accompagnato da idonee misure volte a garantire la tutela delle condizioni di lavoro e a prevenire infiltrazioni criminali. L'assenza di quantitativi massimi subappaltabili e la possibilità di ricorrere a ulteriori subappalti rischiano di rendere difficile il controllo dell'aggiudicatario lungo tutta la catena di approvvigionamento. Diventa fondamentale quindi rafforzare il livello dei controlli delle attività di cantiere, facilitati peraltro dall'utilizzo delle nuove tecnologie. 4) Infine, anche le norme sul partenariato pubblico privato potrebbero rivelarsi pericolose per il bilancio dello Stato. Per evitare che si intraprendano progetti non realizzabili e non convenienti per l'amministrazione, con ricadute sul debito pubblico dello Stato, occorre valutare attentamente la fattibilità del progetto. Nel testo finale è stata opportunamente prevista la valutazione preliminare di convenienza e fattibilità anche per i progetti di interesse statale di importo compreso tra 50 milioni di euro e 250 milioni di euro (in particolare è previsto il parere non vincolante del DIPE e della Ragioneria dello Stato), ma per progetti intrapresi da Regioni ed enti locali la richiesta di parere resta facoltativa, lasciando l'ente concedente libero di valutare, se la complessità dell'operazione contrattuale richiede il parere del DIPE. Questa previsione espone lo Stato a possibili rischi finanziari, con accollo sul debito pubblico, nel caso, una non ponderata valutazione sull'allocazione dei rischi, induca ad approvare progetti diseconomici.
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