Il tema del potere di controllo disciplinare sulle chat aziendali è stato affrontato dalla Corte di Cassazione, sez. lav., con la sentenza 22.09.2021, n. 25731.
Come noto, l'art. 4, c. 3, L. 300/1970 (riscritto dall'art. 23, D.Lgs. 151/2015) recita quanto segue:
1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse Province della stessa Regione ovvero in più Regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più
sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro. I provvedimenti di cui al 3° periodo sono definitivi.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal D. Lgs. 30.06.2003, n. 196".
Ciò posto, la Corte di Cassazione ha chiarito, in primis, che, quanto alla questione relativa alla qualificazione come "strumento di lavoro" di una chat aziendale oggetto dei controlli, non sembra possano sussistere dubbi, essendo essa pacificamente funzionale alla prestazione lavorativa.
Ciò comporta, per tali controlli, l'esclusione delle procedure di garanzia di cui all'art. 4, c. 1.
Tuttavia, l'utilizzo del risultato di tali controlli "a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro", compresi quindi quelli disciplinari, è subordinata, secondo l'art. 4, c. 3, alla "condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal D. Lgs. 30.06.2003, n. 196”.
Perché i dati riversati in una chat aziendali possano essere utilizzati (anche) ai fini disciplinari, quindi, è necessaria la preventiva informazione al lavoratore in ordine alle finalità e modalità dei controlli.