info legacoop liguria

info legacoop liguria
logo info legacoop liguria
news sito aggiornato a Dicembre 2023
La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Agosto 2017

Cooperative sociali, soggetti svantaggiati e percentuale di invalidità

Ricostruiamo alcuni elementi fondamentali, caratterizzanti delle cooperative sociali di inserimento lavorativo, poiché nel tempo vi sono stati diversi approfondimenti e chiarimenti (tra i più recenti, un parere della Commissione Centrale per le cooperative del 13 gennaio 2017).

 

Come noto, l’art. 4 comma 2 della legge 381/91 stabilisce che “le persone svantaggiate di cui al comma 1 devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa”.

 

La Commissione Centrale per le cooperative ha ribadito che “per lavoratori della cooperativa devono intendersi i lavoratori con posizione attiva INPS, ossia i lavoratori che effettivamente hanno stipulato un contratto di lavoro con la cooperativa, soci o terzi, coerente con l’oggetto sociale della cooperativa medesima”.

 

Inoltre la stessa Commissione ha espresso il parere secondo cui “i requisiti di cui all’articolo 4, comma 2 della legge 38191 devono essere posseduti nel momento in cui la cooperativa inizia la propria attività. Solo in quel momento, infatti, è possibile fare il raffronto tra lavoratori normodotati e lavoratori persone svantaggiate, che siano o meno soci. Al momento della costituzione e della iscrizione nell’Albo nazionale e negli Albi regionali l’unico requisito da possedere è quello degli scopi sociali, tra i quali va esplicitamente previsto quello dell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate”.

 

Le persone svantaggiate possono operare in qualità di socio o dipendente della cooperativa, con assunzione a tempo determinato o indeterminato, a tempo pieno o parziale, l’importante è che il loro numero sia non inferiore al 30% del totale dei lavoratori calcolato sulla media riferita a un determinato intervallo temporale.

 

Rispetto alle modalità temporali per la determinazione della percentuale del 30% , la Direzione Centrale INPS ha chiarito quanto segue: “ … la percentuale minima del 30% di lavoratori svantaggiati presso la cooperativa sociale deve necessariamente intendersi in termini di media riferita ad un determinato arco temporale. Tale periodo, in particolare, può ritenersi di durata pari a quello previsto dalla legislazione regionale per ristabilire obbligatoriamente la suddetta percentuale minima di lavoratori svantaggiati …” .

 

 

Infatti, il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, rispondendo all’interpello n. 4/2008 presentato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, aveva avuto modo di sostenere che una certa oscillazione nella dimensione quantitativa dell’organico della cooperativa è assolutamente fisiologico e segno di vitalità dell’impresa sul mercato. Pertanto una rigida applicazione della norma comporterebbe quale irragionevole conseguenza la mancata possibilità di conservazione del rapporto di lavoro dei lavoratori interessati oppure l’obbligo di assumere altro personale svantaggiato, ancorché non necessario, per ripristinare il rapporto percentuale. In questa prospettiva, quindi, è stato statuito che l’arco temporale ragionevolmente congruo entro il quale le cooperative sociali debbano ristabilire il limite numerico previsto dalla legge è fissato autonomamente da ciascuna Regione (ad esempio nel Lazio e in Lombardia è pari a 6 mesi); in assenza di una norma regionale ad hoc, non deve andare oltre i 12 mesi.

 

Inoltre, la determinazione del 30% dei soggetti svantaggiati va effettuata per “teste” e non in base alle ore effettivamente svolte dai lavoratori stessi: così ha deciso con interpello n. 17/2015 del 20 luglio 2015 la Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, rispondendo al quesito posto dall’Associazione generale cooperative italiane, Confcooperative e Legacoop.

 

Va ricordato infine che, con la circolare n. 188 del 17.06.1994, l’INPS ha chiarito che “le persone cosiddette svantaggiate non concorrono alla determinazione del numero complessivo dei lavoratori in parola cui ci si deve riferire per la determinazione dell’aliquota delle stesse” (un esempio: lavoratori soci e non soci 40; persone svantaggiate 14; forza lavoro escluse le persone svantaggiate 26 (40-14); percentuale soggetti lavoratori svantaggiati: 14/26 = 53,84%).

 

I soggetti svantaggiati ai sensi della legge 381/1991 sono solo quelli tassativamente indicati dall’art. 4 della legge stessa (gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663).

Infatti, la norma consente di considerare “inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, di concerto con il Ministro della Sanità, con il Ministro dell'Interno e con il Ministro per gli Affari Sociali, sentita la Commissione centrale per le cooperative istituita dall'articolo 18 del citato decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 e successive modificazioni” ma non è mai intervenuto alcun decreto in materia.

 

Quanto alla percentuale di invalidità, circolari dell’INPS hanno stabilito che, nulla dettando la norma in merito al grado di invalidità, deve essere assunta come soglia di invalidità quella stabilita per l’avviamento obbligatorio al lavoro dalla legge 2.4.1968, n° 482 e dal Decreto Legislativo 23.11.1988, n° 509 (sul punto specifico cfr. circolare n° 116/92 del Ministero del Lavoro). Come noto, poi, la condizione di invalido fisico, psichico o sensoriale e di persona svantaggiata dovrà risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione competente e cioè dalle ASL previo accertamento sanitario delle commissioni mediche operanti presso le stesse (legge 15.10.1990, n° 295 e D.M. 5.8.1991, n° 387 in G.U. n° 286 del 6.12.1991). Occorre inoltre tenere presente che l’art. 19 della legge 5.2.1992, n° 104 (G.U. 17.2.1992, n° 39 legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) ha esteso l’applicazione delle disposizioni della citata legge 2.4.1968, n° 482, e successive modificazioni, a coloro che sono affetti da minorazione psichica, i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l’impiego in mansioni compatibili. Ai fini dell’avviamento al lavoro, la valutazione della persona handicappata tiene conto della capacità lavorativa e relazionale dell’individuo e non solo della minorazione fisica o psichica e la capacità lavorativa è accertata dalle commissioni mediche predette integrate ai sensi dello stesso articolo da uno specialista nelle discipline neurologiche, psichiatriche o psicologiche.

 

Nel caso di cooperative che a statuto abbiano previsto sia l’attività di tipo a), sia l’attività di tipo b) di cui alla legge 38191, il parere della Commissione Centrale per le cooperative del 13 gennaio 2017 ribadisce che “la percentuale di lavoratori va calcolata tenendo presente solo i lavoratori (soci e non) impiegati nell’attività di tipo b) e vanno rispettate le condizioni elencate dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 153 del 1996”: in base a tale circolare si è ritenuto “possibile che, accanto alle cooperative sociali che esercitano rispettivamente le attività di cui al punto a) o b) dell'art. 1 della legge 381/91, possano operare cooperative sociali impegnate in entrambe le attività, solo a condizione che:

1) le tipologie di svantaggio e/o le aree di intervento esplicitamente indicate nell'oggetto sociale siano tali da postulare attività coordinate per l'efficace raggiungimento delle finalità attribuite alle cooperative sociali (art. 1 legge 381/91). Il collegamento funzionale tra le attività di tipo a) e b) deve risultare chiaramente indicato nello statuto sociale;

2) l'organizzazione amministrativa delle cooperative sociali consenta la netta separazione delle gestioni relative alle attività esercitate ai fini della corretta applicazione delle agevolazioni concesse dalla vigente normativa”.

Rispondendo al Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, con interpello 42/2009 del 15 maggio 2009, il Ministero del Lavoro ha confermato e sottolineato che “sotto il profilo previdenziale, infatti, le due attività sopra indicate sono soggette a regimi contributivi e benefici differenti, che comportano la necessaria apertura di due distinte posizioni contributive (cfr. INPS circ. n. 89/1999). Di conseguenza, ai fini della fruizione delle agevolazioni previste per l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, si ritiene corretto calcolare la percentuale di lavoratori svantaggiati in rapporto al solo personale impiegato nell’attività di “tipo B”, escludendo invece il personale impiegato nell’attività socio-sanitaria ed educativa di “tipo A”, facendo riferimento alle due distinte posizioni contributive aperte all’INPS”.