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Ed. Luglio 2019

L'anatocismo bancario: evoluzione giurisprudenziale e legislativa

L’anatocismo è una particolare modalità di conteggio utilizzato in ambito bancario, in base al quale gli interessi scaduti vengono aggiunti alla somma capitale, e sono quindi suscettibili di generare interessi a loro volta.

 

L’uso dell’anatocismo nei contratti di conto corrente bancario, pacificamente ammesso per decenni, ha portato dagli anni ’90 in poi ad una serie di contrasti tra la giurisprudenza e il legislatore nazionale.

 

Si ritiene utile pertanto ripercorrere brevemente l’evoluzione giuridica dell’anatocismo nel recente periodo.

 

Il Codice Civile stabilisce, all’art. 1283, che questa modalità di calcolo degli interessi possa essere utilizzata solo in seguito a domanda giudiziale o convenzione, per i soli interessi scaduti da almeno 6 mesi; fa salvi gli usi contrari.

 

In virtù di tale deroga, gli istituti di credito hanno spesso applicato l’anatocismo su interessi scaduti trimestralmente, qualificando come uso normativo tale prassi, interpretazione corroborata dalla costante giurisprudenza del periodo.

 

Ciò è avvenuto fino a quando la Corte di Cassazione, con due sentenze del 1999, ha effettuato un importante revirement sulla questione, affermando la natura di uso negoziale (e non normativo) di tale consuetudine, ritenendo che l’adesione dei clienti alla capitalizzazione trimestrale degli interessi non costituisse una “spontanea adesione a norme di diritto oggettivo”, ma una accettazione dovuta alla impossibilità di negoziare tali clausole, in mancanza della quale verrebbe precluso l’accesso al servizio bancario.

 

La Corte, con tali pronunce, ha stabilito l’illegittimità di clausole che consentono una capitalizzazione degli interessi inferiore ai 6 mesi, in violazione dei limiti imposti dall’art. 1283 cc, con la conseguenza della loro nullità.

 

A fronte delle numerose richieste di rimborso avviate in seguito a queste sentenze, al fine di ridurre il contenzioso originatosi tra banche e privati, è intervenuto il legislatore con il D.Lgs. n. 342/99, che ha previsto la modifica dell’art. 120 TUB, assegnando al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (di seguito CICR) il compito di stabilire, con apposita delibera, modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi; ha altresì fatto salve le clausole già contenute nei contratti stipulati prima di tale delibera, con l’obbligo di adeguarle a quanto successivamente previsto dal CICR.

 

Con sentenza n. 425 del 10 ottobre 2000, la Corte Costituzionale, investita di molteplici ricorsi circa l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 del D.Lgs. 342/99, ha stabilito che tale disposizione, prevedendo una sanatoria generale delle clausole anatocistiche stipulate prima della delibera del CICR del 22 aprile 2000, svincolata dall’indicazione di specifici vizi e da qualsiasi riferimento al Testo Unico Bancario, costituisse una violazione dell’art. 76 della Costituzione per eccesso di delega, e ne ha quindi dichiarato l’illegittimità costituzionale.

 

In seguito a tale pronuncia, si sono espresse anche le Sezioni Unite della Cassazione, confermando la nullità delle clausole di conteggio trimestrale (21095/2004) e di conteggio annuale a favore della banca (24418/2010), ammettendo al contempo la capitalizzazione su base annuale se effettuata sugli interessi a debito e a credito, e non solo in favore della banca.

 

Il legislatore è allora intervenuto con la Legge di Stabilità 2014, con la quale ha ulteriormente ristretto l’operatività di tale strumento, escludendo infatti, con la modifica dell’art. 120 TUB, che gli interessi già capitalizzati potessero generare ulteriori interessi; per questo motivo, i commentatori di quel periodo parlavano già di “pietra tombale posta sull’infausto istituto dell’anatocismo”.

 

Senonchè, con il DL n. 18 del 14 febbraio 2016, convertito in legge n. 49/2016, è stata introdotta una ulteriore modifica dell’art. 120 TUB, questa volta prevedendo un diverso meccanismo di conteggio degli interessi al 31 dicembre di ogni anno, con esigibilità a partire dal 1° marzo dell’anno successivo, e la possibilità di approvazione anticipata da parte del correntista della capitalizzazione di tali interessi scaduti, previsione considerata da molti commentatori come un parziale ritorno dell’anatocismo già in precedenza espunto dall’ordinamento.

 

Come si può evincere dalla breve narrazione presentata, la disciplina dell’anatocismo ha subìto molteplici modifiche secondo indirizzi non sempre concordanti; per quanto riguarda i risvolti pratici di quanto appena detto, può esservi la possibilità di promuovere azione di rimborso delle somme versate a titolo di interessi anatocistici per i contratti di conto corrente più risalenti, salva la decorrenza della prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme indebitamente versate.

 

Per quanto riguarda i conti correnti più recenti, invece, le possibilità sono più marginali, viste le modifiche al TUB.

 

In entrambi i casi, comunque, è necessario, al fine di valutare l’eventuale esperimento dell’azione legale, analizzare le clausole contrattuali stipulate caso per caso, a causa dello spiccato tecnicismo della materia, per verificare le concrete possibilità di tutela in giudizio, attuando al contempo una verifica del rispetto delle norme del Testo Unico Bancario da parte dell’istituto di credito con cui è stato attivato il conto corrente.

 

A cura del

Dott. Valter Semino

Studio Legale Ivaldi