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Ed. Dicembre 2017

Cassazione: licenziamento del socio lavoratore

La cessazione del rapporto associativo esclude la sopravvivenza del rapporto di lavoro: questo è quanto stabilito dalla Cassazione a Sezioni Unite con sentenza del 20 novembre 2017.

 

Premesso che “in capo al socio lavoratore coesistono più rapporti contrattuali e che, quindi, il lavoro cooperativo è luogo di convergenza di più cause contrattuali”, la Corte sottolinea il fatto che “è sul piano degli effetti scaturenti dalla relazione tra i due rapporti, soprattutto nella loro fase estintiva, osservatorio privilegiato delle dinamiche negoziali, che si sono venute a determinare le incertezze, radicate nella giurisprudenza di merito, ma affioranti anche in quella di legittimità”.

 

La Cassazione ricorda anche che “il legislatore, nel costruire la riforma della cooperazione di lavoro, ha disegnato il lavoro cooperativo come combinazione del rapporto associativo con «un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi rapporti di collaborazione coordinata non occasionale» (art. 1 della I. n. 142/01)”; pertanto, “la combinazione dei due rapporti, associativo e di lavoro, assume la veste di collegamento necessario, perché è animata dallo scopo pratico unitario dell’operazione complessiva, al perseguimento del quale entrambi sono indirizzati: il legame dei due rapporti innerva per volontà del legislatore la funzione del lavoro cooperativo”.

 

“La causa della cooperativa di lavoro tende alla realizzazione dello scopo mutualistico” ed il collegamento, nella fase estintiva dei rapporti, ha assunto caratteristica unidirezionale, chiaramente, in virtù della legge 14 febbraio 2003 n. 30, che ha disposto l’eliminazione dal 3° comma dell’art. 1 della I. n. 142/01 dell’aggettivo “distinto”, lasciando, in riferimento al rapporto di lavoro, soltanto la qualificazione di “ulteriore”, aggiungendo  inoltre il 2° comma all’art. 5, il quale prescrive che «il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile (oggi, con l’art. 2533 c.c.). Le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di competenza del tribunale ordinario».

 

Pertanto, la sentenza stabilisce che, mentre “la cessazione del rapporto di lavoro, non soltanto per recesso datoriale, ma anche per dimissioni del socio lavoratore, non implica necessariamente il venir meno di quello associativo”, senz’altro viceversa “la cessazione del rapporto associativo, tuttavia, trascina con sé ineluttabilmente quella del rapporto di lavoro”.

 

Sicché chi perde la qualità di socio non può più essere lavoratore.

 

Regola, questa, espressione di quella generale fissata in tema di esclusione del socio di cooperativa dall’art. 2533 c.c., in virtù della quale «qualora l’atto costitutivo non preveda diversamente, io scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti».

 

Pertanto “l’effetto estintivo del rapporto di lavoro derivante dall’esclusione dalla cooperativa a norma del 2° comma dell’art. 5 della I. n. 142/01 impedisce senz’altro, in mancanza d’impugnazione della delibera che l’abbia prodotto, di conseguire il rimedio della restituzione della qualità di lavoratore”, tutela restitutoria, che conseguirebbe pertanto solo all’invalidazione della delibera: ovviamente, ove fosse acclarata l’invalidità della delibera, ne conseguirebbe la ricostituzione sia del rapporto societario, sia dell’ulteriore rapporto di lavoro.

 

Tuttavia, ad avviso della Suprema Corte, resta impregiudicata l’esperibilità della tutela risarcitoria contemplata dall’art. 8 della legge 16 luglio 1966 n. 604.

 

Infatti, “proprio perché la delibera di esclusione, essendo efficace, produce anche l’effetto estintivo del rapporto di lavoro, destinato a restar fermo per mancanza d’impugnazione della fonte che l’ha determinato, viene a determinarsi un danno, e al danno si può porre rimedio con la tutela risarcitoria”.

 

La conclusione è la seguente: “la tutela risarcitoria non è inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria”.